Andrea Nesti
Che strano il caso o la coincidenza che dir si voglia...

Nella pagina culturale di un quotidiano del 16 dicembre 2007, attirò la mia attenzione un titolo: “E' morto il teologo che difese Galileo”.

L'articolo raccontava la vicenda di padre Enrico di Rovasenda, frate domenicano, al quale si deve la riapertura del processo a Galileo e che successivamente portò la Chiesa Cattolica a riconoscere, in maniera ufficiale e definitiva, che commise un errore a condannare come eretiche le tesi dello scienziato.

Pensai: “Che strano il caso o la coincidenza che dir si voglia...”;

in quel periodo infatti stavo scrivendo idee sonore sul testo dell'abiura che pronunciò Galileo dinanzi ai cardinali.

Il frate era morto all'età di 101 anni nel convento genovese di Santa Maria del Castello e se avessi saputo prima dell'esistenza di tale persona confesso che avrei tentato, se le condizioni fossero state benevoli considerata l'età del domenicano, di stabilire un contatto.

Sulla vicenda che costrinse lo scienziato a rinnegare le sue scoperte ho letto diversi libri e le letture sono poi andate a indagare anche la sua vita. Ed è stato a questo punto che ho avvertito una particolare caratteristica in Galileo alla quale tengo molto anch'io, la condivido, la ammiro e mi piace chiamarla “pensare contemporaneo”.

Quel pensare che riesce a liberarsi dalle “catene”, rappresentate dalle nostalgie e dalle suggestioni del passato, che -frequentemente- ci impediscono di camminare, di andare avanti. Dal passato al contrario il “contemporaneo” apprende, trasforma, migliora per tentare di migliorare il presente, anticipa il futuro, talvolta rischiando anche in prima persona; qualità riservata a pochi e che chiamo, con tutto il suo significato, coraggio.

Dovessi dunque esprimere una descrizione artistica, sociologica – scientifica non oso – formulerei l'ipotesi che Galileo, nel suo tempo, sia stato un grande uomo contemporaneo.

Le idee musicali che ho scritto sul testo dell'abiura, cercano con umiltà e ambizione di accompagnare le parole, talvolta di superarle, altre ancora di lasciarle sole... Come soli, di tanto in tanto, rimangono nuclei sonori misurati nel tempo e che ho chiamato improvvisi.

Al pianista l'invito a costruire i vari improvvisi indicati sulla partitura. Cluster, glissandi, tremoli, frammenti melodici intercalano il percorso della recitazione dell'attore.

E ancora.

Dall'ingresso dei due interpreti e fino alla conclusione le durate indicate sulla partitura, espresse in minuti, generano questa serie:

1, 2, 3, 5, 8, 13.

E' la sequenza numerica del matematico Leonardo Fibonacci, nato alcuni secoli prima, anche lui a Pisa, nella stessa città di Galileo Galilei. “Che strano il caso o la coincidenza che dir si voglia ...”

Andrea Nesti

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